Piano Sanitario Nazionale 2003-2005

Approvato dal Consiglio dei Ministri
11 Aprile 2003

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2.9. Promuovere gli stili di vita salutari, la prevenzione e la comunicazione pubblica sulla salute

Le conoscenze scientifiche attuali dimostrano che l’incidenza di molte patologie è legata agli stili di vita.

a) Oltre ad una crescente quota di popolazione in sovrappeso, numerose patologie sono correlate, ad esempio, ad una alimentazione non corretta. Tra queste, alcuni tipi di tumori, il diabete mellito di tipo 2, le malattie cardiovascolari ischemiche, l’artrosi, l’osteoporosi, la litiasi biliare, lo sviluppo di carie dentarie e le patologie da carenza di ferro e carenza di iodio. Una caratteristica della prevenzione delle malattie connesse all’alimentazione è la necessità di coinvolgere gran parte della popolazione e non soltanto i gruppi ad alto rischio. La strategia di prevenzione deve essere rivolta pertanto all’intera popolazione, presso la quale occorre diffondere raccomandazioni per una sana alimentazione in termini di nutrienti, di scelta di profili alimentari salutari, ma anche coerenti con le consuetudini, che tengano conto dei fattori culturali e socio economici. L’accento va posto sulla lettura ed utilizzazione della etichettatura nutrizionale, adottata per un numero crescente di alimenti preconfezionati, che può facilitare scelte idonee ed indurre il settore industriale a migliorare la qualità nutrizionale degli alimenti prodotti.

I disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa, bulimia, altri disturbi del comportamento alimentare) mostrano, a partire dagli anni ’70, un significativo incremento di incidenza e prevalenza. I valori attuali di prevalenza in Italia nelle donne di età compresa tra i 12 e i 25 anni (soggetti a rischio) sono i seguenti (dati riguardanti solo le sindromi complete e non i disturbi subclinici): anoressia nervosa 0,3-0,5%; bulimia nervosa 1-3%; altri disturbi del comportamento alimentare 6%.

Un problema che riveste un interesse prioritario è quello della dieta e del sovrappeso, sul quale ha richiamato l’attenzione di recente il Consiglio dei Ministri Europeo e per il quale si rimanda all’apposito capitolo.

Anche su questi temi vanno attuate, a fini di prevenzione, campagne di sensibilizzazione anche nella scuola, nei consultori adolescenziali e presso i medici di medicina generale.

b) Nell’ambito dell’adozione di stili di vita sani, l’attività fisica riveste un ruolo fondamentale. Il ruolo protettivo dell’esercizio fisico regolare è stato dimostrato soprattutto nei confronti delle patologie cardiovascolari e cerebrovascolari, di quelle osteoarticolari (in particolare l’osteoporosi), metaboliche (diabete), della performance fisica e psichica degli anziani. L’esercizio fisico regolare aiuta a controllare il peso corporeo, riduce l’ipertensione arteriosa e la frequenza cardiaca ed aumenta il benessere psicofisico.

c) Il fenomeno del tabagismo è molto complesso sia per i risvolti economici, psicologici e sociali sia, soprattutto, per la pesante compromissione della salute e della qualità di vita dei cittadini, siano essi soggetti attivi (fumatori) o soggetti passivi (non fumatori).

Oggi la comunità scientifica è unanime nel considerare il fumo di tabacco la principale causa di morbosità e mortalità prevenibile. Infatti è scientificamente dimostrato l’aumento della mortalità nei fumatori rispetto ai non fumatori per molte neoplasie quali ad esempio il tumore del polmone, delle vie aeree superiori (labbra, bocca, faringe e laringe), della vescica e del pancreas.

Il fumo è causa anche di un aumento della mortalità per affezioni cardiovascolari, aneurisma dell’aorta e broncopneumopatie croniche ostruttive.

Si stima che, ad oggi, i fumatori nel mondo siano circa 1 miliardo e 100 mila, 1/3 della popolazione globale sopra i 15 anni e 1/3 di questi siano donne. In Europa sono stati stimati 230 milioni di fumatori, cioè circa il 30% dell’intera popolazione europea.

In Italia, dalle indagini multiscopo dell’Istat risulta che nel 2000 la percentuale di fumatori era pari al 24,1%: il 31,5% della popolazione maschile, il 17,2% della popolazione femminile e ben il 21,3% dei giovani tra i 14 e i 24 anni. I fumatori più accaniti, in termini di numero medio di sigarette fumate al giorno, sono gli uomini con 16 sigarette al giorno contro le 12 delle donne.

Nel nostro Paese nel 1998 si sono verificati 570.000 decessi: il 15% di questi, pari a 84.000 sono stati attribuiti al fumo, 72.000 nella popolazione maschile e 12.000 in quella femminile.

Attualmente il tumore al polmone è la decima causa di morte nel mondo. Alcuni studi predicono che, qualora non si adottino più concrete politiche antifumo, il tumore al polmone sarà nel 2020 tra le prime 5 cause di morte al mondo.

L’analisi della distribuzione percentuale dei fumatori negli ultimi 10 anni (1991-2000), che non mostra diminuzioni significative, ci induce a pensare che le politiche intraprese finora dai vari Governi e supportate anche da Organizzazioni sopranazionali, quali l’OMS, non hanno ottenuto i risultati attesi.

La normativa nazionale sul divieto di fumo nei locali pubblici utilizzata finora, risulta essere limitata ed inefficace nella sua applicazione. Il divieto di fumo, così come regolamentato sostanzialmente dalla Legge n. 584 dell’11 novembre 1975 e dalla direttiva 14 dicembre 1995, non è sufficiente. Questa normativa, nel tentativo di puntualizzare i luoghi ove è vietato fumare e di affidare il rispetto delle norme a responsabili sprovvisti dall’autorità necessaria, ha, di fatto, creato incertezze e difficoltà che hanno vanificato lo sforzo del legislatore.

Un ulteriore sviluppo normativo approvato in via definitiva dal Parlamento il 21 dicembre 2002 prevede l’applicazione del divieto di fumo a tutti gli spazi confinati, ad eccezione di quelli adibiti ad uso privato e a quelli eventualmente riservati ai fumatori che dovranno essere dotati di appositi dispositivi di ricambio d’aria per tutelare la salute dei lavoratori addetti.

Gli interventi legislativi, comunque, devono essere coniugati con maggiori e più incisive campagne di educazione ed informazione sui danni procurati dal fumo attivo e/o passivo, la cui efficacia potrà essere maggiore se verranno rivolte soprattutto ai giovani in età scolare e alle donne in età fertile.

Una campagna indirizzata ai ragazzi di 14 e 15 anni è stata iniziata nelle scuole dal Ministero della Salute e da quello dell’Istruzione, Università e Ricerca scientifica con l’iniziativa denominata "Missione Salute" che si propone di supportare l’educazione alla Salute nelle nostre scuole.

In particolare per i giovani va tenuto conto che si è registrato un abbassamento dell’età in cui questi iniziano a fumare (15 anni) e che il 90% dei fumatori inizia a consumare sigarette prima dei 20 anni.

Inoltre, se si considera che l’iniziazione alle sigarette è fortemente influenzata, sia nelle ragazze sia nei ragazzi, da pressioni sociali, da bisogni psicologici, da condizionamenti legati a compagni ed amici e da fattori familiari quali la presenza di genitori che fumano, risulta evidente che un appropriato intervento deve essere perseguito con un adeguato comportamento di coloro che rivestono ruoli percepiti dai ragazzi come carismatici, inclusi i genitori, gli insegnanti, gli operatori sanitari e i mass media. Sarà da modificare in particolare il modello proposto nei decenni precedenti che presentava il fumatore come un personaggio emancipato e carismatico; al contrario la nuova politica adottata negli USA, che attribuisce al fumatore un basso livello socio-culturale, è quella che più si avvicina alle realtà e che meglio può contrastare la cultura del secolo scorso.

Essendo scientificamente provata la correlazione tra fumo e patologie del feto, risulta di particolare rilievo l’intervento di sensibilizzazione destinato alle donne in età fertile. Infatti, ad esempio, il deficit congenito di un arto, nel quale una parte o tutto l’arto del feto può non svilupparsi, è doppio nelle donne fumatrici rispetto alle non fumatrici. L’aborto spontaneo, si produce in quasi 4.000 donne su 100.000 che fumano e il rischio di gravidanza ectopica è doppio rispetto alle non fumatrici. I bambini di madri fumatrici pesano alla nascita in media 150-200 grammi in meno. Le donne fumatrici sono più soggette a fenomeni quali la placenta previa, il distacco di placenta, le emorragie gestazionali, la rottura precoce della membrana amniotica, le infezioni del liquido amniotico. Inoltre alcuni studi dimostrano che l’esposizione dei neonati al fumo passivo aumenta il rischio di SIDS (Sudden Infant Death Sindrome) ed in particolare è direttamente proporzionale al consumo di sigarette fumate dalla madre e al numero di sigarette fumate in presenza dei neonati.

d) La riduzione dei danni sanitari e sociali causati dall’alcool è, attualmente, uno dei più importanti obiettivi di salute pubblica, che la gran parte degli Stati persegue per migliorare la qualità della vita dei propri cittadini. Numerose evidenze dimostrano che gli individui (ed i giovani in particolare) che abusano dell’alcool risultano più frequentemente inclini a comportamenti ad alto rischio per sè e per gli altri (quali guida di autoveicoli e lavoro in condizioni psico-fisiche inadeguate) nonché al fumo e/o all’abuso di droghe rispetto ai coetanei astemi. L’alcool agisce come "ponte" per gli individui più giovani, rappresentando una delle possibili modalità di approccio a sostanze illegali, le cui conseguenze spesso si estendono ben oltre la salute della persona che ne fa direttamente uso. Benché il consumo di bevande alcooliche in Italia sia andato diminuendo dal 1981, notevoli sforzi devono essere posti in essere per raggiungere gli obiettivi adottati dall’OMS e, in particolare, dall’Unione Europea con la recente approvazione di una specifica strategia per la riduzione dei pericoli connessi all’alcool.

Una corretta informazione sui problemi della salute, sulle malattie, e sui comportamenti e le soluzioni più adatte a promuovere lo stato di salute sta alla base di una moderna società del benessere. Molti sono infatti gli strumenti che la scienza e la tecnologia moderna mettono a disposizione della collettività per tutelare le condizioni di vita e di salute. Molti sono anche, peraltro, i fattori di minaccia per la salute, vecchi e nuovi, dall’inquinamento agli errori alimentari, agli abusi di sostanze potenzialmente dannose, alla mancata prevenzione. Anche sostanze innocue come il sale da cucina, se assunto in quantità eccessive possono essere causa di malattie a carico dell’apparato cardio-vascolare.

Va inoltre sottolineata l’importanza di sottoporsi a periodici controlli e a test di screening consigliati per la diagnosi precoce dei tumori nelle età e con i tempi appropriati.

Alcune importanti informazioni di carattere sanitario non sono o sono scarsamente accessibili ai pazienti.

Questo è, ad esempio, il caso delle informazioni:

Le informazioni necessarie ai pazienti per orientarsi sulle decisioni in materia di salute dovrebbero essere fornite in modo comprensibile e aggiornato. Benché il ruolo del medico e del farmacista rimanga fondamentale nell’informare i pazienti, è necessario tenere conto del fatto che lo sviluppo della società dell’informazione offre numerosi altri strumenti, ivi incluso Internet, il cui impatto potrebbe essere altamente benefico se opportunamente utilizzati. In effetti, esistono già numerosi siti web che forniscono una varietà di informazioni di carattere sanitario, ma la qualità dell’informazione fornita non è sempre soddisfacente ed, in alcuni casi, è addirittura fuorviante. Costituisce un obbligo prioritario per il Servizio Sanitario Nazionale quello di fornire ai cittadini corretti strumenti di informazione, che consentano di evitare i rischi, di attuare comportamenti salutari, e di conoscere e saper individuare adeguatamente ed in tempo utile i possibili segnali di squilibrio psicofisico e di malattia.

Oltreché all’importanza della informazione sulla salute rivolta ai cittadini, il Servizio Sanitario Nazionale deve prestare attenzione anche alle opportunità dello sviluppo di una corretta comunicazione tra cittadini ed Istituzioni. Fino ad un recente passato il rapporto terapeutico era inteso quasi esclusivamente "a senso unico", nel quale le informazioni passavano dal medico, o dall’operatore sanitario, al paziente, o ai suoi familiari. In uno stato moderno, nel quale i cittadini possiedono livelli di cultura più elevati, e soprattutto ambiscono a partecipare attivamente ai processi sociali ed economici che li riguardano, la relazione bidirezionale tra operatori e utenti è d’obbligo.

Le Istituzioni sanitarie devono rispondere a numerose istanze sul complesso e articolato tema della salute, moltiplicando in tal modo la quantità dei temi e dei messaggi, che rischiano così di disperdersi in più percorsi di comunicazione, non potendo avere una sufficiente massa critica di risorse. Si nota inoltre su alcune tematiche di pubblico valore, oggetto in passato di attività comunicazionale, un mancato coordinamento a livello di obiettivi strategici desiderati, o addirittura una sovrapposizione degli sforzi da parte di diversi enti, che anziché creare valore incrementale alla comunicazione rischiano di indirizzare ai cittadini messaggi incoerenti o poco chiari.

L’insieme di queste considerazioni evidenzia la necessità di modificare l’approccio alla comunicazione istituzionale in campo sanitario se si vuole raggiungere risultati significativi su questioni di altissimo impatto.

Gli obiettivi strategici

Occorre orientare l’attività e gli impegni del Servizio Sanitario Nazionale affinché esso si muova nella direzione dello sviluppo di un sistema di monitoraggio e comunicazione per tutti gli utenti, effettivi e potenziali, sugli stili di vita sani e la prevenzione sanitaria.

Ciò implica la necessità di:

. . . omissis . . .

3.2.4. Il diabete e le malattie metaboliche

Le malattie metaboliche, in progressivo aumento anche in rapporto con l’innalzamento della vita media della popolazione, rappresentano una causa primaria di morbilità e mortalità nel nostro Paese.

Il diabete di tipo 1, dipendente da carenza primaria di insulina, necessita di trattamento specifico insulinico sostitutivo, ma la gravità della prognosi è strettamente legata ad una corretta gestione, da parte degli stessi pazienti, dello stile di vita in generale e di quello alimentare in particolare.

Pertanto è opportuno attivare:

L’incidenza del diabete di tipo 2 (non dovuto alla carenza di insulina, cosiddetto dell’adulto) è in aumento in tutto il mondo, sia in quello occidentale che nei Paesi in via di sviluppo, anche perché la diagnosi viene posta in fase più precoce rispetto al passato.

L’incremento epidemico dei casi di obesità, d’altra parte, rappresenta di per sé un’importante fattore di rischio per la comparsa clinica della malattia diabetica.

Vi è oggi convincente evidenza che il counselling individuale finalizzato a ridurre il peso corporeo, a migliorare le scelte alimentari (riducendo il contenuto di grassi totali e di grassi saturi e aumentando il contenuto in fibre della dieta) e ad aumentare l’attività fisica, riduce il rischio di progressione verso il diabete del 58% in 4 anni.

Le complicanze del diabete sono prevalentemente a carico dell’apparato cardio–circolatorio e possono essere decisamente penalizzanti per la qualità e la durata della vita. In massima parte possono essere prevenute dalla diagnosi precoce, dal miglioramento del trattamento specifico e da programmi di educazione sanitaria orientati all'auto-gestione della malattia. In particolare, la riduzione ed il controllo del peso corporeo, oltre a ridurre il rischio di comparsa clinica del diabete, contribuisce anche a ridurre il rischio delle sue complicanze, specie quelle di eventi cardiovascolari.

L’OMS ha posto come obiettivo per l'anno 2020 la riduzione di un terzo dell'incidenza delle complicanze legate al diabete.

Due milioni di italiani hanno dichiarato di soffrire di diabete secondo l’indagine multiscopo ISTAT con notevoli differenze geografiche di prevalenza autopercepita e questo dato è coerente con la rilevazione della rete di osservatori cardiovascolari relativa alla distribuzione della glicemia ed alla proporzione di diabetici. E’ però assai probabile che il numero di italiani diabetici, senza sapere di esserlo, sia altrettanto alto.

Una strategia di educazione comportamentale, di prevenzione globale delle patologie metaboliche e di conseguenza della morbilità e mortalità da danno vascolare e cardiaco, non può prescindere dall’affrontare il problema del sovrappeso e dell’obesità.

L’obesità è la seconda causa di morte prevenibile, dopo il fumo. Nel mondo industrializzato, circa metà della popolazione è in eccesso di peso. In Italia negli ultimi dieci anni la prevalenza dell’obesità è aumentata del 50% e questo è più evidente nei soggetti in età pediatrica, soprattutto nelle classi socioeconomiche più basse. I costi socio-sanitari dell'obesità hanno superato, negli Stati Uniti, i 100 miliardi di dollari l’anno, mentre per l’Italia, i costi diretti dell’obesità sono stimati in circa 23 miliardi di euro l’anno. La maggior parte di tali costi (più del 60 %), è dovuta a ricoveri ospedalieri, ad indicare quanto il sovrappeso e l’obesità siano i reali responsabili di una serie di gravi patologie cardiovascolari, metaboliche, osteoarticolari, tumorali e respiratorie che comportano una ridotta aspettativa di vita ed un notevole aggravio per il Sistema Sanitario Nazionale.

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