Diabete mellito

 

Il diabete mellito è una delle malattie metaboliche più diffuse (tra i bambini e gli adolescenti è certamente la più comune: in Italia i portatori della malattia sono circa 20000).
Il termine diabete deriva dal greco diabetes e significa passare attraverso. Uno dei segni clinici più distintivi di tale patologia è, infatti, la presenza di zucchero nelle urine, che vi giunge attraverso il rene quando la sua concentrazione nel sangue supera un certo valore. A questo termine è stato aggiunto mellito in quanto le urine, proprio per la presenza di zucchero, sono dolci e, anticamente non c'era altra possibilità diagnostica che assaggiarle!
Oggi il termine è tuttora valido in quanto serve a distinguere questo diabete da un'altra malattia detta diabete insipido, anche se quando si parla semplicemente di diabete s'intende il diabete mellito.

 

I sintomi del diabete mellito

Una volta che oltre il 90% delle beta cellule del pancreas sono state distrutte, l'organismo non è più in grado di regolare i livelli di zucchero nel sangue e il paziente sviluppa alcuni dei sintomi classici del diabete:

  • Sete eccessiva

  • Eccessiva minzione (orinazione)

  • Eccessiva fame                                                                                                                         

  • Perdita di peso

  • Affaticamento, stanchezza

  • Visione sfuocata, offuscata

  • Glicemia alta

  • Zucchero e chetoni nelle urine

  • Infezione da funghi vaginali nelle giovani (anche nella prima infanzia)

La diagnosi

La persona con il diabete, è una persona come tutte le altre, con l'unico problema di non essere in grado di assorbire lo zucchero (glucosio) necessario alle sue funzioni vitali. Tale fatto è dovuto all'incapacità, totale o parziale, del suo organismo di produrre l'ormone insulina.
Ci si accorge che "qualcosa non funziona" quando si comincia a bere e urinare troppo, magari svegliandosi durante la notte. Unitamente si perde peso nonostante l'alimentazione normale o addirittura aumentata.

Quando si sospetta di avere il diabete, la prima cosa da fare è quella di rivolgersi al proprio medico curante che vi consiglierà alcune prime elementari indagini. Se tali esami risultassero positivi (glicemie fuori norma, glicosuria, ecc.), vi verrà chiesto di recarvi immediatamente in un centro di diabetologia specializzato dove vi sapranno dare le prime indicazioni fondamentali per un primo corretto approccio alla malattia.

Se si tratta di esordio di diabete tipo 1, al centro vi consiglieranno l'immediato ricovero, in modo da permettere il recupero dell'acqua e dei sali perduti durante il periodo immediatamente precedente (di solito si è in stato di chetoacidosi), per fornire la quantità di insulina necessaria, per disintossicare l'organismo dai corpi chetonici accumulati (tossici in quanto sostanze di rifiuto), per permettere ai genitori (se si tratta di un minore) e al paziente di imparare le prime nozioni fondamentali sul trattamento della malattia.

Se invece si tratta di esordio di diabete tipo 2, normalmente non è necessario il ricovero, ma vengono eseguite una serie di analisi e di controlli, prescritta una dieta ed eventuali medicinali antidiabetici orali.

Il diabete attualmente non è una malattia curabile in modo definitivo, anche se la ricerca nel campo sta facendo passi da gigante. Si può però arrivare a condurre una vita assolutamente "normale", evitando le complicazioni che a lungo andare potrebbe portare (circolazione, occhi, reni, ecc.) agendo fondamentalmente su quattro fronti:

  • L'insulina iniettandola dall'esterno (per i tipo 1) o antidiabetici orali, se necessari (per il tipo 2);

  • L'attività fisica e lo sport;

  • L'alimentazione;

  • L'educazione all'igiene e al controllo.

Per concludere, solo "accettando" fino in fondo la propria condizione, usando quei piccoli accorgimenti quotidiani che richiedono sacrificio, ma ci permettono poi una vita assolutamente uguale a quella delle altre famiglie, possiamo garantire a noi e/o al nostro bambino e alle persone a noi vicine, una vita serena e in armonia con gli "altri". Il bambino potrà crescere e svilupparsi normalmente, giocare, andare a scuola; l'adulto potrà lavorare, sposarsi e avere figli come ogni altra persona.

Patogenesi del diabete mellito

Patogenesi (cause) del diabete mellito insulino-dipendente (tipo 1)

Fase Evento

Agente causale o risposta

Predisposizione genetica

?

Insulto ambientale

Virus? Alimenti?

Insulite

Infiltrazione linfociti T attivati

Attivazione meccanismi autoimmuni

Trasformazione self-non self

Attacco immunitario contro cellule ß

Anticorpi contro le cellule insulari

Diabete mellito

                                                                                                                                             La funzione del pancreas

Analizzando questa tabella dall'ultimo evento si evince che nel momento in cui il diabete insulino-dipendente si manifesta la maggior parte delle cellule ß del pancreas è stata distrutta (le cellule ß sono le cellule del pancreas deputate alla formazione dell'insulina). Ma come e perché avviene questa distruzione?
Come prima condizione si pensa debba essere presente una suscettibilità genetica alla malattia.
In secondo luogo esisterebbe un fattore ambientale che darebbe inizio al processo. Si pensa ad un virus, ma altri agenti di natura non infettiva potrebbero essere coinvolti.
La terza tappa è costituita da una risposta infiammatoria all'interno del pancreas indicata come insulite.
La quarta tappa consiste in un'alterazione della cellula beta tale che essa non è riconosciuta come propria dell'organismo o self, ma è avvertita come estranea, o non self, dal sistema immunitario.
Il quinto punto è lo sviluppo di una risposta immune. Dato che le cellule ß sono ora considerate come estranee, cioè non self, affermiamo che la risposta immunitaria è di tipo autoimmune, cioè diretta verso costituenti propri dell'organismo (le cellule ß) resi irriconoscibili dalla sequenza di eventi citata.
Il risultato finale è la distruzione delle cellule beta e la comparsa di diabete.

Patogenesi (cause) del diabete mellito non insulino-dipendente (tipo 2)

Il NIDDM (diabete mellito non insulino-dipendente, o tipo 2) è caratterizzato da un difetto di secrezione insulinica, con conseguente resistenza all'azione dell'insulina stessa, nei tessuti bersagli, cioè quelli su cui agisce l'insulina.
Da un punto di vista descrittivo si possono riconoscere tre fasi nell'andamento clinico della malattia. Durante la prima fase, la glicemia è nella norma nonostante la presenza di livelli elevati di insulina, segno di resistenza all'insulina stessa. Nella seconda fase si assiste ad un aumento della resistenza all'insulina con conseguente comparsa di iperglicemia postprandiale. Nella terza fase, infine, non si modifica significativamente la resistenza all'insulina, ma si assiste ad una riduzione della produzione di insulina che determina l'insorgenza del diabete.

                                     Controlli  giornalieri

Il controllo quotidiano del livello degli zuccheri nel sangue, permette al malato di diabete di conoscere se la quantità di insulina somministrata è stata sufficiente o se invece va aumentata o diminuita.
Questo è lo scopo primario dei controlli. Le
unità di insulina, infatti, vengono di volta in volta stabilite in base all'andamento dei precedenti controlli effettuati.
Permette poi di farsi un'idea sull'andamento generale, mantenendo un diario aggiornato con tutti i controlli effettuati.

Fino agli anni '70, i controlli si limitavano praticamente solo alla glicosuria; verificato poi che la soglia oltre la quale si verifica glicosuria, era troppo alta (provocando situazioni di iperglicemia persistente e quindi andando incontro alle complicanze a occhi e reni in particolare), tale metodo venne presto scartato.

In accompagnamento ai controlli della glicosuria, grazie alla diffusione sul mercato di apparecchi per il controllo della glicemia sempre più sofisticati, semplici da usare, poco invasivi ed economici, oggi si tende ad effettuare sempre più frequenti controlli dello zucchero presente nel sangue.

La quantità ideale di controlli giornalieri, per realizzare una regolazione perfetta sulla somministrazione dell'insulina, dovrebbe essere in linea teorica infinita, cioè dovrebbero essere monitorato in modo continuo il livello del glucosio nel sangue.

Visto che questo non è possibile, anche se si stanno studiando tecnologie che si avvicinano a questo risultato, bisogna eseguire il maggior numero di controlli possibile: ogni volta che si urina per la gicosuria ed almeno 3-4 volte al giorno per la glicemia. Gli orari più indicativi per tali controlli sono:

  • Prima dei pasti: la glicemia ci dice se la dose somministrata prima del pasto precedente era corretta, se ci conviene iniziare subito a pranzare (ipoglicemia) o se ci conviene aspettare più del solito (iperglicemia); la glicosuria ci da' un'idea dell'andamento medio (bisogna considerare che spesso tale media è riferita non solo alle ore immediatamente precedenti, ma anche a quelle un po' più lontane: a pranzo per il mattino e parte della notte);

  • Due ore dopo i pasti: ci dice se la dose somministrata prima del pasto precedente era corretta, e se abbiamo bisogno di una piccola integrazione o merenda (ipoglicemia); per quanto riguarda la glicosuria vale quanto detto sopra;

  • A sera inoltrata, prima dell'iniezione della notte: ancor più che dirci se la dose di prima di cena andava bene, ci può aiutare ad andare a letto tranquilli, sapendo di poter evitare eventuali ipoglicemie notturne. Infatti, se la glicemia risultasse troppo bassa (sotto i 120-140 mg/dl) potremmo mangiare qualcosa prima di coricarci, qualcosa che venga assorbito con una sufficiente lentezza da garantirci gli zuccheri necessari a notte inoltrata; un altro sistema è di ridurre la dose di insulina di 2 unità se la glicemia è compresa tra 100 e 140, o di 4 unità se la glicemia è compresa tra 70 e 100; al di sotto è comunque consigliato mangiare qualcosa.

  • Prima di attività agonistiche sportive di un certo impegno: ci serve per controllare se c'è bisogno di un'integrazione di zuccheri prima dell'inizio dello sforzo o se, al contrario, bisogna integrare l'insulina (nei casi di iperglicemia).

Controlli periodici di laboratorio

È bene anche effettuare controlli periodici più a lunga scadenza, come l'emoglobina glicosilata HbA1c ogni 2-3 mesi, assetto lipidico, azotemia, creatinemia, clearance della creatinina endogena, tiroide, anticorpi antimucosa gastrica, urine, fundus e cristallino dell'occhio, esame neurologico generale, visita dentistica, età ossea ogni 12 mesi.

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